Dopo il declino dell’Impero Romano d’Occidente, il centro della ricerca medico-scientifica si spostò in Medio-Oriente dove bizantini e islamici attinsero dalla tradizione ippocratica e galenica
Dopo il declino dell’Impero Romano d’Occidente, Costantinopoli e Baghdad divennero i centri della conoscenza medica, quando diversi medici divennero famosi per il loro contributo al progresso della ricerca scientifica. Nella cultura bizantina e in quella neo-nascente islamica, la medicina scientifica era parte integrante del patrimonio culturale ereditato dall’ellenismo e si collocava nel solco dell’antica tradizione medica, improntata essenzialmente a Ippocrate prima e a Galeno poi. La ricerca oncologica, dunque, si inseriva precisamente in questo percorso.
Oribasio di Baghdad (325-403), per esempio, notò che i tumori erano per lo più indolori e inizialmente impercettibili, in quanto non arrossavano la parte anatomica interessata come facevano le lesioni infiammatorie. Il trattamento del carcinoma mammario mediante amputazione dell’intero seno fu introdotto da Aezio di Amida (527-565), medico dell’imperatore Giustiniano a Costantinopoli. Trattava le lesioni non ulcerate della cervice, delle labbra e dell’ano con il cauterio, ma non offriva alcun trattamento per i tumori ulcerati. Raccomandava l’escissione completa dei tumori delle estremità usando l’incisione ellittica. La tiroidectomia e la polipectomia nasale furono introdotte da Paolo di Egina (625-690). Non esitava, dunque, ad eliminare i tumori, ma consigliava di evitare l’intervento chirurgico per i tumori senza sintomi perché incurabili.
Nell’Islam la medicina come scienza non fece progressi rapidissimi e si mosse sostanzialmente nel solco della tradizione fissata nella letteratura dell’Antichità e della prima epoca bizantina. I suoi inizi, infatti, coincidono con quel processo che portò alla traduzione in arabo delle fonti greche e che verso la fine del IX secolo poteva dirsi in larga parte concluso. L’influsso della medicina indiana fu, invece, del tutto trascurabile.
Ippocrate e Galeno, dunque, furono introdotti nel mondo arabo da Rhazes di Baghdad (860-932), che praticava la chirurgia e introdusse nuove tecniche e strumenti operativi. Nel suo De Chirurgia descrisse l’ittero come causato da un’ostruzione del dotto biliare. Alleviava l’ostruzione intestinale mediante resezione chirurgica del segmento interessato, ma avvertiva i chirurghi che se l’ostruzione fosse stata causata dal cancro, nessun intervento chirurgico sarebbe dovuto essere tentato a meno che non si avesse la certezza che il cancro – mediante quell’intervento – potesse essere eliminato completamente.
Un impulso decisivo alla medicina islamica venne impresso da Avicenna di Persia (980-1037), il quale introdusse la polipectomia, l’asportazione di un tumore attraverso un anello metallico che veniva reso più stretto ogni giorno fino alla caduta della neoplasia. Le sua opera principale – al-Qānūn fī ‘l-ṭibb (Canone della medicina) – avrebbe poi stimolato lo sviluppo di una medicina scientifica anche nell’Occidente europeo. Venne, infatti, tradotta in latino tra l’XI e il XIII secolo, diventando nota al mondo latino-medievale come Canon medicinae o Liber canonis totius medicinae.

I saperi medici derivanti dagli studi di Avicenna vennero introdotti in occidente a seguito della dominazione araba nella penisola iberica. Il trattamento chirurgico del cancro venne introdotto in Spagna – precisamente a Cordova – da Abū l-Qāsim Khalaf ibn ʿAbbās al-Zahrāwī (latinizzato come Abulcasis, 1013-1106), il primo medico musulmano in Europa. Praticava il salasso prima dell’intervento chirurgico ed era un sostenitore della legatura dei vasi solo in gravi emorragie. Inoltre, avvertiva sull’importanza di adoperare con parsimonia l’attività chirurgica intensiva, in quanto un intervento troppo complesso avrebbe potuto uccidere il paziente ben prima che potesse farlo il cancro. I segni e i sintomi del cancro dell’esofago vennero, invece, descritti da Abū Marwān ʿAbd al-Malik ibn Zuhr (noto come Avenzoar, 1070-1162). Era un medico ebreo che visse e praticò la medicina a Cordova negli stessi anni di Abulcasis. Inventò le cannule esofagee e gastriche per il sollievo delle stenosi causate dal cancro e per l’introduzione dei nutrimenti. Praticava, inoltre, l’isterectomia per la rimozione dei tumori uterini.
Dopo il testo di Avicenna – da cui gli stessi Abulcasis e Avenzoar trassero informazioni per la propria pratica medica – nessun’altra grande enciclopedia medica vide la luce nel mondo arabo-islamico. Dal XIII secolo in poi, quest’opera divenne essa stessa il punto di partenza di una trattazione scientifica della medicina – proprio come accadde per gli studi di Ippocrate prima e Galeno poi nel mondo greco e romano -, e questo indicò un indebolirsi dell’impulso creativo. Alla struttura e al contenuto del Canone si ispirarono gli autori di manuali più agili e maneggevoli e il testo di Avicenna divenne anche oggetto di un’estesa letteratura di epitomi, commentari e commentari di commentari.
In India e in Pakistan il Canone è rimasto, sino a tempi molto recenti, il manuale fondamentale di un’antica medicina islamica tradizionale, la cosiddetta Yūnānī Ṭibb (letteralmente, medicina ionica o greca), anche quando, nel XIX secolo, la medicina occidentale-internazionale cominciava a prendere definitivamente piede nel mondo islamico, grazie all’istituzione delle prime scuole di medicina di tipo occidentale al Cairo e a Costantinopoli.
FONTI:
1) Hajdu SI, Thun, MJ, Hannan, LM, Jemal, A, A note from history: landmarks in history of cancer, part 1., in Cancer, vol. 117, nº 5, marzo 2011, pp. 1097–102, DOI:10.1002/cncr.25553, PMID 20960499;
Link: https://acsjournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/cncr.25553
2) Leclerc, L., Histoire de la médecine arabe, Volume 2. Link: https://play.google.com/store/books/details?id=Mwzhh-SP-lIC&rdid=book-Mwzhh-SP-lIC&rdot=1
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