Una nuova strategia contro il glioblastoma

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Uno studio italiano pubblicato su Science Translational Medicine ha identificato un nuovo approccio terapeutico contro il tumore cerebrale più letale: si attacca il glioblastoma agendo sulle cellule staminali tumorali mediante l’inibizione farmacologica di una proteina (LSD1) coinvolta nello sviluppo di questa neoplasia

La comunità scientifica internazionale è costantemente impegnata nella individuazione di nuove terapie contro il glioblastoma, neoplasia cerebrale contrassegnata da cifre assai preoccupanti (la percentuale dei pazienti sopravvissuti dopo 5 anni dalla diagnosi iniziale risulta inferiore al 10%).

Gli attuali protocolli terapeutici prevedono – quando è consentito dalle condizioni del paziente – un intervento chirurgico di resezione del tumore (quanto più esteso e radicale), nonché trattamenti di radioterapia e chemioterapia. Purtroppo, in diversi casi, la neoplasia può presentarsi con posizionamento, tasso di crescita e potere infiltrativo tali da non permettere alcun intervento medico. 

Negli ultimi anni, oltre ai notevoli progressi compiuti in chirurgia e in farmacologia, le nuove conoscenze di biologia molecolare e citogenetica [1] hanno consentito di procedere al differenziamento di particolari sottogruppi di pazienti con prognosi significativamente migliore.

Meritevole di attenzione è un valido contributo proveniente da un importante studio italiano (sostenuto dall’AIRC e dal Ministero della Salute) – condotto presso l’Istituto Europeo di Oncologia e recentemente pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine – che ha dimostrato, in modelli preclinici, l’efficacia di un innovativo approccio terapeutico contro il glioblastoma.

La relativa ricerca è originata dal fatto che tra i molteplici fattori concorrenti all’estrema letalità del glioblastoma figurano le cellule staminali tumorali (dette anche “cellule inizianti il tumore”); trattasi di una sottopopolazione di cellule responsabili tanto della resistenza alle attuali terapie (radioterapiche e chemioterapiche) quanto della progressione della malattia. Queste cellule sono dotate di un potenziale proliferativo pressoché illimitato e della capacità di autorinnovarsi. L’indagine ha portato alla scoperta del modo mediante il quale eliminare queste cellule, interferendo con la loro straordinaria capacità di adattamento e sopravvivenza. In particolare, l’attenzione è stata concentrata su LSD1, una proteina coinvolta nello sviluppo di numerose neoplasie, tra cui – appunto – il glioblastoma; questa proteina svolge un ruolo attivo nel mantenimento e nella crescita delle cellule staminali tumorali, in quanto favorisce la loro capacità di adattamento ai diversi stimoli di stress, ovvero quelli presenti nell’ambiente circostante al tumore e quelli indotti dalle terapie anticancro.

Nel corso dell’indagine, il team di ricercatori è riuscito a individuare un nuovo inibitore di LSD1, ossia la molecola DDP-38003 (di cui è da tempo noto il potenziale terapeutico nella cura della leucemia). Questa molecola si è dimostrata capace di attraversare la barriera ematoencefalica, raggiungendo il cervello e – dunque – di legarsi alla proteina LSD1 espressa nelle cellule staminali tumorali, così bloccandone l’attività. Senza l’azione di questa proteina, le cellule staminali tumorali non riescono più a resistere allo stress e muoiono.

Lo studio ha dimostrato che l’inibizione farmacologica dell’attività della proteina LSD1 riduce la capacità delle cellule staminali tumorali di auto-mantenersi, rallentando in tal modo la crescita del tumore. Tale processo è stato osservato in modelli preclinici, nei quali è stato possibile ricapitolare alcuni tipi di glioblastomi umani eterogenei da un punto di vista molecolare. Inoltre, è stato rilevato che il trattamento non produce alcun effetto sulle cellule cerebrali normali.

Queste le parole di commento di Stefania Faletti e Daniela Osti, ricercatrici presso l’IEO e prime autrici della presente ricerca: “Il nostro studio dimostra che LSD1 è un bersaglio fondamentale per le terapie molecolari contro il glioblastoma e che l’inibitore che abbiamo studiato agisce indipendentemente dal profilo genico del tumore. Questo è un punto importante perché il glioblastoma è un tumore altamente eterogeneo, con caratteristiche diverse da paziente a paziente, e questa eterogeneità è uno dei principali motivi per cui i farmaci non mirati hanno fino ad oggi ottenuto risultati molto limitati”.

Ad oggi, pur essendo necessarie ulteriori indagini su LSD1 ed i suoi meccanismi di azione e interazione con le cellule staminali del cancro, gli esiti confortanti della presente ricerca rendono prioritaria l’attivazione di uno studio clinico finalizzato alla individuazione dei possibili aspetti tossicologici inerenti l’inibizione di tale proteina; tutto questo nella speranza che si possa giungere quanto prima ad una cura più efficace contro il glioblastoma.

[1] La citogenetica costituisce un ramo della genetica che studia le relazioni tra i dati ricavati dallo studio dei caratteri genetici, della loro trasmissione e della loro manifestazione, e i dati ricavati dall’osservazione diretta dei cromosomi. Trattasi di una disciplina piuttosto giovane, risalente agli inizi del ‘900 con la riscoperta delle leggi di Mendel, che – a suo tempo – pose in evidenza la stretta correlazione esistente tra queste leggi e il comportamento dei cromosomi nel corso dei fenomeni citologici legati alla divisione cellulare e al ciclo riproduttivo sessuale degli organismi eucarioti (ossia, gli organismi costituiti da una o più cellule che, per definizione e in contrapposizione con quelle procariotiche, hanno un nucleo ben differenziato contenente la maggior parte del DNA cellulare). In tempi più recenti, grazie all’avvento delle tecnologie di biologia molecolare, dell’informatica e della nanotecnologia (per altro accompagnato dal sequenziamento di interi genomi degli eucarioti), la citogenetica si è oggi liberata dal suo rapporto quasi esclusivo con la microscopia ottica e la citologia, diventando una disciplina della genomica rivolta all’organizzazione morfo-strutturale dei genomi.

Avv. Michele Ametrano

FONTI:


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