Il possibile deterioramento cognitivo in pazienti con tumori polmonari

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Un recente studio pubblicato su JAMA Oncology ha aperto una nuova frontiera nella ricerca sul tumore al polmone, evidenziando in oltre un terzo dei pazienti la presenza di autoanticorpi neuronali associati a deterioramento cognitivo

I pazienti oncologici possono manifestare compromissioni del funzionamento cognitivo, anche nelle forme tumorali non associate al sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale). Dunque, anche nei casi di tumore al polmone (oppure alla prostata o al seno) un deterioramento può interessare una o più funzioni cognitive, giungendo – in base al grado di severità – a rallentare o compromettere lo svolgimento delle consuete attività sociali e lavorative.

Tra le funzioni cognitive maggiormente compromesse in questi malati oncologici si evidenziano in particolare: l’attenzione, la concentrazione, la memoria, la capacità di contemporanea esecuzione di più compiti (multitasking), la velocità nell’elaborazione di informazioni, l’orientamento spaziale, le funzioni esecutive (ossia la memoria di lavoro), la flessibilità cognitiva e il controllo inibitorio.

Le cause di questi disturbi cognitivi non risultano ancora pienamente chiarite.

Molti esponenti della comunità scientifica ipotizzano che il declino cognitivo nei pazienti oncologici costituisca la risultante di diversi fattori, tra i quali – in genere – si segnalano i processi fisiopatologici legati alla neoplasia (indipendentemente dalla sede in cui sia stata diagnosticata), gli effetti collaterali dei trattamenti antitumorali (radioterapia, chemioterapia, terapia ormonale), l’età avanzata, la presenza di disturbi mentali (ansia o depressione), la predisposizione genetica per il deterioramento cognitivo.

Tra gli ulteriori fattori concorrenti, andrebbe evidenziato – come a suo tempo rilevato in uno studio dedicato a donne con tumore al seno e pubblicato sulla rivista Journal of the National Cancer Institute – anche lo stress psicologico che sovente colpisce ogni paziente. In effetti, tale stress (quando eccessivo) può provocare cambiamenti negativi nella struttura del cervello, andando ad incidere su aree collegate al funzionamento cognitivo, come l’ippocampo per la memoria. Inoltre, questo stress – nel caso in cui risulti associato a scarsa qualità del sonno, a ritmi circadiani interrotti, ad affaticamento e a sintomi depressivi – può aggravare le difficoltà cognitive.

Secondo il suddetto studio, ulteriore fattore causale di deficit cognitivo può essere costituito dall’eventuale presenza del disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sviluppatosi in seguito alla diagnosi. Al riguardo la letteratura scientifica annovera numerosi studi che – indagando l’impatto di PTSD sul cervello e sul funzionamento cognitivo nei malati oncologici – hanno evidenziato un’associazione di PTSD con anomalie cerebrali funzionali e strutturali (diminuzione dei volumi dell’ippocampo e atrofia della sostanza bianca) ed a conseguente deterioramento cognitivo.

Un nuovo studio prospettico e trasversale compiuto recentemente presso la Charité- Universitatsmedizin di Berlino – pubblicato sulla rivista JAMA Oncology – ha aperto una nuova frontiera nella ricerca sul tumore al polmone, evidenziando che oltre un terzo dei pazienti colpiti da tale neoplasia presentava autoanticorpi neuronali associati a deterioramento cognitivo.

I ricercatori coinvolti in questo studio hanno sottoposto a indagine 167 pazienti (105 uomini e 62 donne, di età media pari a 66 anni), tutti colpiti da neoplasia polmonare. Tra i suddetti pazienti, 127 erano affetti da tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC) e gli altri 40 dalla forma tumorale a piccole cellule (SCLC). Su un sottogruppo selezionato di 97 pazienti selezionati, privi di metastasi cerebrali o senza una pregressa storia di disturbi psichiatrici, sono stati compiuti test neuropsicologici dettagliati. 

Proviamo a sintetizzare i risultati principali di questo recente studio.

Sono stati osservati degli autoanticorpi [1] diretti al cervello in 61 dei 167 pazienti (36,5%); 33 pazienti (19,8%) presentavano autoanticorpi noti e 28 pazienti (16,8%) presentavano autoanticorpi contro antigeni attualmente sconosciuti che sono stati rilevati mediante analisi immunoistochimica [2]. Il deterioramento cognitivo è stato rilevato in 65 pazienti sui 97 (67%) appartenenti al citato sottogruppo.

Tra i pazienti con SCLC e autoanticorpi neuronali, la probabilità di deterioramento cognitivo è risultata 11 volte più elevata rispetto a quella dei pazienti negativi agli autoanticorpi, e tale associazione era indipendente da età, sesso o presenza di deficit neurologico.

Tra i pazienti con NSCLC, quelli con autoanticorpi contro il recettore NMDA [3] presentavano una probabilità significativamente maggiore di soffrire di deficit di memoria verbale, in particolare quella riguardante i ricordi e il riconoscimento. Anche gli autoanticorpi contro antigeni attualmente sconosciuti sono stati associati a maggiori probabilità di deterioramento cognitivo.

In conclusione, lo studio ha identificato autoanticorpi neuronali in oltre un terzo dei pazienti affetti da un tumore polmonare che presentavano compromissione cognitiva correlata al cancro. L’importanza della ricerca è data dal fatto che questi autoanticorpi risultano associati a sindromi neurologiche paraneoplastiche.

Attualmente, i ricercatori impegnati nel presente studio stanno esaminando la presenza di autoanticorpi anche in altre forme di cancro, come quello del seno e della prostata; tuttavia, la presenza degli autoanticorpi neuronali e quella del deterioramento cognitivo sembra essere più elevata nei pazienti affetti da tumore polmonare.

Concludiamo con il commento di Carsten Finke e Frederik Bartels, tra gli autori del presente studio: “I risultati dello studio suggeriscono che questi autoanticorpi potrebbero rappresentare un fattore importante nel deterioramento cognitivo correlato al cancro. I tassi di deterioramento cognitivo e di autoanticorpi neuronali erano anche più alti di quanto ci aspettassimo. I medici dovrebbero essere a conoscenza di questo deterioramento cognitivo correlato al cancro”.

[1] Autoanticorpo: anticorpo in grado di riconoscere un antigene dello stesso organismo (più precisamente, Immunoglobina in grado di reagire con antigeni “self”, ossia appartenenti allo stesso organismo).

[2] Analisi immunoistochimica: tecnica di laboratorio che utilizza anticorpi specifici per antigeni tumorali; questo tipo di esame viene effettuato al fine di evidenziare la presenza di una determinata molecola (antigene) nel tessuto in esame, sfruttando un legame con un anticorpo specifico.

[3] NMDA (N-metil-d-aspartato): recettore per il neurotrasmettitore glutammato di fondamentale importanza nei meccanismi di plasticità neuronale e di consolidamento della memoria a lungo termine.

Avv. Michele Ametrano

(Foto di Carepharm.it)

Fonti:


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