La promozione della conoscenza dei tumori rari è di fondamentale importanza e deve necessariamente accompagnarsi alla consapevolezza che ogni paziente affetto da una di queste patologie deve essere seguito e curato in una rete di centri di eccellenza adeguatamente coordinati
Nel novero delle malattie rare, rientrano – ad ogni effetto – i “tumori rari”, ossia le neoplasie che colpiscono un numero particolarmente ristretto di individui.
Tuttavia, se per la definizione delle malattie rare è adoperato il “criterio della prevalenza” (ossia, il numero di casi nella popolazione, che nell’Unione Europea deve risultare inferiore o uguale a 5 casi su 10.000 persone), ai fini della identificazione dei tumori rari è stato concordato il ricorso al “criterio dell’incidenza” (ossia, il numero di nuovi casi in un intervallo di tempo, la cui soglia è stata fissata nella misura di 6 casi su 100.000 nella popolazione europea).
Quest’ultimo criterio è stato proposto nel 2011 dal Progetto RARE-CARE “Surveillance of Rare Cancers in Europe”, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Complessivamente, i tumori rari rappresentano circa il 20-25% di tutti i casi di neoplasie diagnosticate e, attualmente, riguardano circa 5 milioni di persone nell’Unione Europea (dei quali, circa 900.000 in Italia).
Nonostante la scarsità delle informazioni epidemiologiche, i ricercatori ne hanno finora individuati oltre 250, che possono interessare ogni parte del corpo umano.
Tra i tumori rari maggiormente conosciuti ritroviamo particolari forme di leucemie e linfomi, alcuni tumori diagnosticati in età pediatrica (retinoblastoma e tumore di Wilms), i tumori solidi dell’adulto (sarcomi, tumore gastrointestinale stromale e i tumori neuroendocrini).
Nel gruppo dei tumori rari, si distinguono alcuni tumori “eccezionali”, rappresentati da varianti istologiche assai rare di un tumore comune, da varianti più frequenti manifeste in parti del corpo del tutto inattese, o da tumori all’interno di sindromi genetiche (ad esempio, la sindrome di WAGR, acronimo per la sindrome di tumore di Wilms – Aniridia – Anomalie genitourinarie – Ritardo mentale).
In verità, a prescindere dal criterio dell’incidenza, i progressi della biologia molecolare in campo oncologico e le tecniche attualmente disponibili consentono una più precisa caratterizzazione genetica dei tumori, e ciò finisce col modificare la classificazione di diverse neoplasie, facendo così rientrare nel novero dei tumori rari anche alcuni tumori comuni (questo può verificarsi, ad esempio, per un tumore al seno connotato da peculiari caratteristiche molecolari, che può risultare raro, al pari dei tumori inclusi nell’elenco ufficiale delle neoplasie rare).
Analogamente a quanto si verifica per la gran parte delle malattie rare, anche per i tumori rari le ridotte conoscenze in merito comportano enormi difficoltà nella loro precoce e tempestiva identificazione, e nel conseguente avvio di un corretto protocollo terapeutico. Ne deriva che la presa in carico dei pazienti affetti da tali patologie risulta oltremodo difficile e complessa, ed è accompagnata da frequenti incertezze riguardo alle decisioni da assumere.
In effetti, le ricerche in merito si riferiscono a casistiche poco numerose e le strategie di cura per molte di queste malattie sono ancora in fase di sperimentazione.
La gestione clinica dei tumori rari richiede necessariamente approcci multidisciplinari e, dunque, il coinvolgimento di professionisti in diverse specialità medico-oncologiche, peraltro non sempre presenti nella medesima struttura ma variamente distribuiti sul territorio. Questo determina il problema, anch’esso comune alle malattie rare, della frammentazione territoriale nell’assistenza e della migrazione sanitaria a livello nazionale e internazionale, con conseguente incremento dei costi sociali.
La promozione della conoscenza dei tumori rari è fondamentale e deve necessariamente accompagnarsi alla consapevolezza che ogni paziente deve essere seguito e curato in una rete di centri di eccellenza adeguatamente coordinati.
In tale logica, la Commissione Europea – nel rispetto dell’autonomia degli Stati membri in materia di organizzazione dei sistemi sanitari – ha avviato una politica di integrazione diretta a promuovere la libera circolazione dei pazienti e a garantire l’accesso a cure di elevata qualità, soprattutto a quanti sono affetti da patologie rare che richiedono interventi complessi ed a rilevante investimento tecnologico e di competenze.
Pertanto, è stata emanata la Direttiva del Parlamento e del Consiglio Europeo del 9 Marzo 2011 n. 24 concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera (recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo del 4 Marzo 2014 n. 38), che ha previsto lo sviluppo di reti europee di riferimento, costituite da centri di riferimento e di eccellenza appartenenti agli Stati membri.
Successivamente, a conclusione di un complesso iter previsto da un bando comunitario pubblicato il 16 Marzo 2016, sono state istituite – nei Sistemi Sanitari dell’Unione Europea – 24 Reti di Riferimento Europee (European Reference Networks) per le malattie rare e complesse, destinate a fornire un’assistenza di elevata qualità ed economicamente sostenibile, anche nei casi di patologie rare, complesse o a bassa prevalenza che potrebbero incidere sulla vita dei circa 300 milioni di cittadini ivi residenti.
Tra le suddette Reti di Riferimento, sono state attivate le “Reti di Riferimento Europee per i Tumori Rari”, dedicate appunto alle neoplasie rare: EURACAN (tumori rari solidi negli adulti), PAEDCAN (tumori pediatrici), GENTURIS (sindromi genetiche a rischio di tumore ereditario), EUROBLOODNET (malattie ematologiche).
Trattasi di reti virtuali che coinvolgono prestatori di assistenza sanitaria impegnati in centri medici di assoluta eccellenza presenti nell’intero Continente ed hanno il compito di promuovere la discussione e il confronto su tali patologie, richiedenti cure altamente specializzate, unitamente a conoscenze e risorse concentrate.
I coordinatori di tali reti di riferimento, per riesaminare la diagnosi e le cure di un paziente, convocano dei gruppi consultivi virtuali di medici specialisti in diverse discipline, utilizzando un’apposita piattaforma informatica e strumenti di telemedicina.
Nel nostro Paese, secondo i dati del Progetto RITA “Surveillance of Rare Cancers In Italy”, finalizzato alla stima del carico nazionale dei tumori maligni rari mediante l’utilizzo delle cifre risultanti dai Registri tumori di popolazione (attività finanziata nel “Programma Italia-USA Malattie Rare”), ogni anno sono circa 60.000 le nuove diagnosi.
Il Progetto RITA si integra con il citato Progetto RARE-CARE e – nel contempo – se ne differenzia, in quanto mira principalmente alla standardizzazione e alla qualità della registrazione dei tumori rari.
Indubbiamente, i Registri Tumori di popolazione costituiscono un valido strumento di conoscenza per la frequenza della patologia oncologica (e del correlato tasso di sopravvivenza), tuttavia per i tumori rari la qualità dell’informazione non è mai stata posta sistematicamente al centro dello studio.
Dunque, sono queste le finalità del Progetto RITA: fornire indicatori di frequenza e di risultato, migliorare la raccolta delle informazioni da parte dei Registri Tumori, identificare strategie per la divulgazione dei risultati del progetto.
È altresì opportuno valutare l’accuratezza, la completezza e la standardizzazione delle procedure di registrazione dei tumori rari, in quanto il miglioramento della qualità costituisce condizione essenziale ai fini della comparabilità dei dati di incidenza e prevalenza di tumori rari (e dei correlati tassi di sopravvivenza) tra i Registri Tumori di popolazione italiani ed europei.
Nel Progetto RITA i tumori rari sono stati selezionati in base alla loro rilevanza ai fini della prevenzione primaria, diagnosi precoce, accuratezza diagnostica, qualità delle cure, fattibilità della ricerca clinica, oppure in quanto necessitanti di una più accurata valutazione in fase di registrazione.
Sono stati inseriti nel relativo studio – che ha previsto l’attivazione di due unità operative (l’una per la stima degli indicatori e l’altra per lo studio della qualità dei dati) – le seguenti neoplasie: mesotelioma, angiosarcoma epatico, sarcomi, tumori del cavo orale, tumori del sistema nervoso centrale, tumori a cellule germinali, leucemia e tumori endocrini.
La Rete Nazionale dei Tumori Rari in Italia
Sul piano normativo, in Italia – negli anni recenti – sono stati compiuti i primi importanti passi nella direzione tracciata in ambito europeo, con l’Intesa del 21 Settembre 2017 stipulata tra il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano per la realizzazione della “Rete Nazionale dei Tumori Rari”.
Questo atto normativo ha fissato le seguenti priorità: collegamento con le reti oncologiche (non solo per la condivisione degli obiettivi definiti nelle linee-guida, ma anche per consulti tramite la telemedicina) al fine di garantire un alto livello di informazione appropriata, facilitare lo scambio di competenze specialistiche e contenere la migrazione sanitaria; organizzazione di un servizio integrato in grado di aumentare la capacità attrattiva rispetto ai pazienti con tumori rari e facilitandone l’accesso; collegamento con le citate Reti di Riferimento Europee.
A tale riguardo, compito specifico della Rete Nazionale dei Tumori Rari è quello di creare un sistema organizzativo e di dare impulso e qualità all’assistenza clinica e alla ricerca per le 12 famiglie di tumori rari inclusi nelle Reti di Riferimento Europee.
Altresì, è stata data concreta attuazione al concetto di multidisciplinarietà ed è stato realizzato il “Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale” (un documento per ogni tipologia di tumore raro, finalizzato alla definizione di un percorso di esami diagnostici e di terapie attraverso cui il paziente possa essere adeguatamente assistito).
Nella medesima direzione, a rafforzamento della suddetta attivazione della Rete nazionale dei Tumori Rari è intervenuta l’approvazione della Legge del 22 Marzo 2019 n. 29 (“L’Istituzione e la disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione”).
Questa legge ha istituito la “Rete Nazionale dei Registri dei tumori ”, definendo – tra i suoi obiettivi – la promozione della ricerca scientifica in campo oncologico, anche nel campo dei tumori rari. Inoltre, nell’ottica della collaborazione e per le finalità indicate, è stata prevista la stipula di accordi collaborativi a titolo gratuito tra Ministero della Salute e università, centri di ricerca pubblici e privati, nonché associazioni ed enti scientifici che da almeno dieci anni operino senza fini di lucro nell’ambito dell’accreditamento dei sistemi di rilevazione dei tumori secondo standard nazionali e internazionali, della formazione degli operatori, della valutazione qualitativa dei dati, della definizione dei criteri di realizzazione e sviluppo di banche dati nazionali e dell’analisi e interpretazione dei dati (Articolo 1).
Per il perseguimento delle finalità della legge, è stata disciplinata la partecipazione degli enti del terzo settore all’attività della Rete nazionale, attraverso accordi di collaborazione a titolo gratuito tra Ministero della Salute ed enti del terzo settore, con associazioni attive nel campo dell’assistenza socio-sanitaria e con enti e associazioni attivi nella valutazione dell’impatto della patologia oncologica e della quantificazione dei bisogni assistenziali e nell’informazione e comunicazione sui rischi per la popolazione. Ai fini della stipula di tali accordi è necessario che questi soggetti siano dotati di codici etici e di condotta che prevedano la risoluzione di ogni conflitto di interesse e che improntino la loro attività alla massima trasparenza, anche attraverso la pubblicazione nei relativi siti internet degli statuti e degli atti costitutivi, della composizione degli organismi direttivi, dei bilanci, dei verbali e dei contributi e sovvenzioni a qualsiasi titolo ricevuti (Articolo 2).
La legge ha istituito il “referto epidemiologico”, prevedendone la pubblicazione annuale nei siti internet delle Regioni, con particolare riferimento ai dati relativi all’incidenza e alla prevalenza delle patologie che più frequentemente costituiscono causa di morte (Articolo 4).
Inoltre, la legge ha sancito che l’obbligo di raccolta e conferimento dei dati rappresenta un adempimento ai fini della verifica dell’erogazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e che entro il 30 Settembre di ogni anno il Ministro della Salute deve trasmettere una relazione alle Camere sull’attuazione della legge medesima con particolare riguardo al perseguimento delle finalità ivi previste (Articoli 5 e 6).
Infine, ha stabilito l’aggiornamento delle normative regionali vigenti in tema di sorveglianza sanitaria della malattia oncologica e l’adozione delle necessarie iniziative per consentire la sorveglianza epidemiologica sulla malattia oncologica anche nei territori non coperti, attraverso i Registri tumori di popolazione esistenti ovvero Registri tumori di popolazione di nuova istituzione (Articolo 8).
Tale innovativo approccio intende porre rimedio ad un fattore intrinseco nello studio e nella cura dei tumori rari, ossia l’incertezza derivante dalla limitata disponibilità di dati relativi a queste neoplasie.
Da tale carenza, consegue l’estrema difficoltà nella progettazione e nella conduzione di ricerche cliniche secondo metodologie che – per loro natura – necessiterebbero di più ampi e approfonditi riscontri numerici, in grado di conferire evidenza e significatività statistica alla efficacia e alla sicurezza di ogni nuovo trattamento terapeutico.
A tali difficoltà vanno ad aggiungersi i maggiori ostacoli negli iter di autorizzazione per l’immissione in commercio di nuovi farmaci unitamente alle ridotte risorse economico-finanziarie, con inevitabili ed ingiuste discriminazioni sofferte proprio dai pazienti affetti da tumori rari, cui andrebbero invece riconosciuti uguali diritti e medesime opportunità di cura (e di accesso a terapie e trattamenti innovativi).
Pertanto, è necessario sollecitare l’attenzione su ogni paziente affetto da un tumore raro, affinché la rarità della propria patologia non costituisca un ulteriore gravame al carico di sofferenza derivante dalla diagnosi ricevuta.
Diversamente, la speranza di guarigione risulterebbe ingiustamente frustrata prima ancora di provare a contrastare la malattia.
In realtà, la circostanza che un tumore rientri tra quelli rari non comporta necessariamente la sua incurabilità o la più limitata percentuale di guarigione rispetto a quella di un tumore più comune, anzi – a conforto di quanti ricevano una diagnosi di questo tipo – alcune neoplasie rare presentano delle percentuali di guarigione o di controllo addirittura superiori a quelle dei tumori maggiormente diffusi.
Avv. Michele Ametrano
FONTE:
- Gemma Gatta, Riccardo Capocaccia, Laura Botta, Sandra Mallone, Roberta De Angelis, Eva Ardanaz et al. – “Burden and centralised treatment in Europe of rare tumours: results of RARE CARE net – a population-based study” in The Lancet Oncology, 01/08/2017, Volume 18 Issue 8, PP. 1022-1039. Link: https://www.thelancet.com/journals/lanonc/article/PIIS1470-2045(17)30445-X/fulltext
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