Cancro e arte: l’esperienza della malattia trasformata in un’opera d’arte

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Negli Stati Uniti, il programma di supporto per malati oncologici “Brushes With Cancer” associa i pazienti ad artisti che, sulla base del racconto della persona malata, elaborano opere d’arte che rendano visibile l’esperienza della malattia

Oltre alle inevitabili conseguenze fisiche, l’insorgere della malattia oncologica e la convivenza con essa portano con sé una serie di ripercussioni sul piano psicologico e dell’attitudine sociale del paziente. Negli ultimi anni c’è stato una crescente attenzione verso la psiconcologia proprio per la crescente consapevolezza dell’incidenza del cancro su tutte le dimensioni della sfera umana. I disagi legati al trauma della diagnosi tendono ad amplificarsi nei soggetti che non hanno, purtroppo, la fortuna di essere circondati dal sostegno e dell’affetto dei propri cari, componente fondamentale durante tutto il percorso di malattia.

Sulla base di questa realtà, sono numerosi i gruppi di sostegno che operano per colmare queste mancanze: in particolare, negli Stati Uniti esiste una fitta rete di gruppi di supporto che negli ultimi mesi, a causa della pandemia di Covid-19, ha intensificato gli sforzi – grazie soprattutto all’utilizzo di strumenti digitali – per aiutare il prossimo attraverso il social networking. Questi gruppi organizzano e coordinano attraverso i propri responsabili diverse attività: dalle esperienze ricreative a quelle culturali, da quelle di ascolto a quelle di intrattenimento. Nelle ultime settimane, però, uno  di questi gruppi, chiamato Twist Out Cancer, si sta distinguendo per un innovativo quanto singolare progetto di sostegno, che mette insieme l’importanza dell’ascolto con l’arte e la creatività.

Si tratta del programma “Brushes With Cancer”, attraverso il quale i pazienti vengono messi in coppia (o in gruppo) con artisti più o meno conosciuti, i quali, ascoltando costantemente la persona malata, cercano di comunicare quell’esperienza di malattia realizzandone un’opera d’arte. Nello specifico, ogni paziente viene associato ad un artista che abbia dato la sua disponibilità a collaborare al progetto. Il paziente racconta il suo vissuto, la sua quotidianità, le sue emozioni, o, ancora, quelle sensazioni profonde che difficilmente si riescono a comunicare all’esterno, all’artista che, dal canto suo, cerca di rendere “visibile” questo lato della patologia, spesso “invisibile”, attraverso un’opera che racconti tale percorso.

Non solo le persone possono raccontare la loro storia, essere ascoltate e comprese, ma possono vedere lo stesso percorso attraverso gli occhi di qualcun altro, il che può essere terapeutico“, commenta Jenna Benn Shersher, amministratrice delegata di Twist Out Cancer e co-fondatrice del programma. Sebbene gli abbinamenti fossero originariamente fatti di persona, il programma ha avuto (e ha tutt’ora) un ruolo centrale durante la pandemia.  “Alla fine di marzo – continua l’amministratrice – abbiamo deciso di spostare tutta la nostra programmazione, le mostre d’arte su larga scala e gli eventi celebrativi nello spazio virtuale. Ciò significa che anche tutte le interazioni tra artista e paziente-ispiratore vengono eseguite virtualmente per la sicurezza dei nostri partecipanti”.

Le opere d’arte vengono, poi, esposte durante le serate di gala e vendute all’asta. Il ricavato viene in parte reinvestito nel programma con l’intento di allargare la rete di supporto e, in parte, donato per la ricerca oncologica. “E se i soggetti che hanno ispirato gli artisti volessero mantenere il lavoro?“, chiede a Shersher la giornalista Susan Gubar del New York Times. “I pazienti hanno una sorta di diritto di prelazione – spiega –, ma spesso sono loro stessi a sottolineare l’importanza del ‘rendering’ del loro incontro col cancro, per cui credono sia giusto ‘farlo circolare’ il più ampiamente possibile”.

Una delle opere più conosciute tra quelle sponsorizzate dal programma è il dipinto “Bombs Away” di Bowen Kline. Incentrato sulla grintosa determinazione della sua ispiratrice Grace Fauls Lombardo, la raffigura mentre tiene in mano una bomba accesa con inciso il messaggio “To Cancer. TlcN1. Con affetto, Grace”. In una legenda di accompagnamento, il signor Kline afferma che i medici avrebbero esaminato la diagnosi della signora Lombardo (“T1” è il tumore al seno, “c” la dimensione, “N1” sta per “un linfonodo coinvolto”) prima ancora di guardarla. L’espressione diffidente della signora Lombardo dopo aver acceso la miccia per “far saltare il cancro in mille pezzi” comunica in maniera precisa l’approccio di spavalda determinazione della paziente.

Bombs Away” di Bowen Kline, ispirato da Grace Fauls Lombardo.

Altri dipinti, tra i più toccanti, affrontano più apertamente il concetto della “perdita”. Con un chiaro riferimento a Picasso, “Our Tangled Stories (Le nostre storie aggrovigliate”) di Ishita Banerjee raffigura due teste e due torsi strettamente allineati. Per accompagnarlo, Virginia Champoux-Sokoloff, paziente-ispiratrice, descrive la lotta di sua madre contro il cancro al seno che l’ha portata via e, poi, il suo diverso approccio alla stessa malattia.

Our Tangled Stories” di Ishita Banerjee, ispirata da Virginia Champoux-Sokoloff.

Ofer Katz, invece, ha intrapreso un approccio “impressionista” al lutto nel suo dipinto “Things I wanted to tell you — Mark and Aliza Ainis at The Dead Sea (Cose che avrei voluto dirti – Mark e Aliza Ainis al Mar Morto)”. L’artista spiega che Aliza non è mai riuscita a parlare della propria vita al padre, morto dopo una lunga lotta contro il cancro durante il giorno del suo diploma di scuola superiore. Katz, sulla base di questa struggente storia, ha voluto creare “una scena che manifestasse l’assenza di conversazione, ma con la presenza di un profondo amore paterno“.

“Things I wanted to tell you — Mark and Aliza Ainis at The Dead Sea” di Ofer Katz, ispirato da Aliza Ainis.

Inondato dal blu che collega il cielo con il paesaggio e l’acqua, il padre al pianoforte culla in grembo la sua bambina mentre le suona una melodia alla luce della luna argentea. Conservati sulla tela, padre e figlia risiedono insieme in quello che Freud definiva “sentimento oceanico”: il senso di illimitatezza, di essere fusi l’uno con l’altro e con il mondo esterno. “Si dice che nessuno possa annegare nel Mar Morto a causa del suo alto contenuto di sale – commenta l’artista –, anche se è impossibile non prevedere che il pianista e la sua bambina fasciata affondino nelle profondità insondabili della memoria”.

Nato a Chicago, il programma Brushes With Cancer è operativo a Philadelphia, Detroit, Austin, Texas, ma anche in Canada (Toronto, Montreal) e Israele (Tel Aviv). Le opere del progetto permettono a tante persone di tutto il mondo di affrontare, rendendole concrete e “visibili”, la paura e l’angoscia nei confronti di una malattia invasiva e debilitante, che si appropria senza permesso di ogni aspetto della vicenda umana del paziente.


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