Minore accesso alle terapie intensive per i pazienti con tumore toracico positivi al Coronavirus

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I risultati preliminari del primo studio internazionale pubblicato di recente sulla rivista The Lancet Oncology hanno rivelato che durante la pandemia di Covid-19 i pazienti affetti da neoplasie toraciche e risultati positivi al coronavirus hanno avuto minore accesso alle terapie intensive rispetto agli altri pazienti oncologici

La rilevanza medica e sociale della pandemia di Covid-19 ha chiamato ad una sfida assai ardua l’intera comunità degli oncologi, in particolar modo di quanti sono impegnati nella cura delle neoplasie toracico-polmonari, dal momento che proprio i polmoni costituiscono il principale bersaglio del nuovo coronavirus.

Al fine di comprendere il reale andamento dell’infezione nei confronti dei malati oncologici e di individuare tra essi gli individui maggiormente esposti al contagio ed allo sviluppo di gravi complicanze, è stato istituito il registro internazionale “TERAVOLT” (Thoracic CancERs International CoVid-19 COLlaboraTion) del quale – nel corso di una recente sessione plenaria virtuale dell’American Association for Cancer Research – sono stati presentati i dati preliminari relativi ad uno studio che ha monitorato 200 pazienti con neoplasie del distretto toracico (neoplasie polmonari, timiche e mesotelioma pleurico) ed infezione da SARS-CoV-2, per la maggior parte selezionati in Italia e negli Stati Uniti (oltre che in Spagna, Francia, Regno Unito, Svizzera, Olanda e Cina) ed inseriti nel suddetto registro negli scorsi mesi di Marzo e Aprile.

Questo importante studio è stato promosso dalla Fondazione IRCCS-Istituto Nazionale dei Tumori di Milano in collaborazione con numerosi centri di ricerca italiani e internazionali, tra i quali, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano e il Vanderbilt-Ingram Cancer Center di Nashville.

L’analisi statistica ha delineato il profilo dei pazienti inseriti nel registro TERAVOLT: età superiore a 65 anni, storia di fumo di sigaretta, un recente trattamento chemioterapico, presenza di “comorbidità” (o “comorbilità”, termine medico che indica la presenza contemporanea nello stesso soggetto di due o più malattie) con un aumentato rischio di prognosi sfavorevole.

Molti dei pazienti che si sono ammalati di Covid-19 erano fumatori (81%) e il fumo si è rivelato essere il fattore di rischio maggiormente associato alla mortalità.

I risultati preliminari di questo primo studio internazionale – pubblicati sulla rivista di oncologia The Lancet Oncology – hanno rivelato che il 76% dei pazienti monitorati soffriva di neoplasia polmonare metastatica ed il 74% era in terapia al momento della diagnosi di Covid-19. Circa l’80% era ospedalizzato ed il 5% è stato ventilato meccanicamente.

Durante la pandemia di COVID-19, questi pazienti – pur in presenza delle specifiche urgenze terapeutiche – hanno avuto un minore accesso alle terapie intensive (8,3%) e una maggiore mortalità (35%), rispetto alle persone affette da altre neoplasie (le cui percentuali di accesso alle terapie intensive e di mortalità sono risultate rispettivamente del 26% e del 13%).

Dalla drammatica pandemia è conseguita – unitamente allo sforzo congiunto da parte della comunità scientifica globale – la riorganizzazione dei percorsi assistenziali finalizzati alla continuità delle cure ed alla sicurezza per tutti i pazienti oncologici; tra questi, i soggetti affetti da neoplasie toraciche, rappresentano una categoria particolarmente soggetta al rischio di sviluppare complicazione dall’infezione, per le frequenti storie individuali di fumo da tabacco e per le associate comorbidità respiratorie e cardiovascolari.

Come sopra evidenziato, soltanto l’8,3% dei pazienti con neoplasie polmonari è stato trasferito in terapia intensiva.

È opportuno ricordare che tali dati sono stati raccolti soprattutto nei Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia e nel momento di maggiore criticità, contrassegnato dalla limitata disponibilità di strutture e risorse sanitarie utilizzabili.

Comunque, la mancanza dei posti disponibili non sembra sufficiente a giustificare una percentuale tanto bassa degli accessi alla terapia intensiva, dal momento che il fenomeno è stato rilevato – nella medesima proporzione – anche nei Paesi in cui la pressione della pandemia è stata minore.

Oggi, nel tentativo di trovare una risposta plausibile al suddetto dato percentuale, è tuttora in corso una accurata indagine, promossa da TERAVOLT a livello globale, con la risoluzione di casi clinici da parte di tutti gli operatori (oncologi, rianimatori e internisti) coinvolti nella gestione della pandemia.

La scelta di non sottoporre a rianimazione questi pazienti potrebbe essere stata dovuta – almeno in parte – a un pregiudizio sulla loro patologia, che li porrebbe tra i malati senza speranza, laddove è invece opportuno evidenziare che questi pazienti nel 2020 hanno un’aspettativa di vita misurabile in diversi anni.

Tale ultima considerazione necessita di una riflessione da parte dell’intera comunità medico-scientifica internazionale, affinché – nell’eventualità di una seconda ondata di contagio – la scelta di rianimare o meno questi pazienti venga compiuta con il coinvolgimento degli oncologi che li hanno in cura.

Questo studio ci ha permesso di identificare i pazienti con neoplasia polmonare come una categoria ad alto rischio, che necessita di maggiore attenzione e protezione”, così ha dichiarato Marina Garassino, Responsabile dell’Unità di Oncologia Toracica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano e prima autrice del presente studio.

Lo studio suggerisce un cambiamento di strategia. Innanzitutto, è indispensabile massimizzare gli sforzi indirizzati alla riduzione del rischio di infezione da SARS-CoV-2, in considerazione del fatto che nuove strategie terapeutiche hanno portato al miglioramento della prognosi delle neoplasie toraciche.

Dunque, è fondamentale garantire l’accesso alle cure intensive ai pazienti affetti da una neoplasia toracica in caso di positività al coronavirus, promuovendo altresì l’idea che la decisione di intensificare l’assistenza sia assunta in un contesto medico multidisciplinare. Nel prossimo futuro, sarà importante coinvolgere nel triage di questi pazienti anche l’oncologo esperto di carcinomi polmonari.

Al riguardo, soffermiamoci su quanto dichiarato da Saverio Cinieri (Presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica e Direttore di Oncologia Medica e Breast Unit del’Ospedale Perrino di Brindisi): “Il messaggio che dobbiamo dare è che i cittadini con tumore del polmone non devono essere esclusi a priori dalle rianimazioni anche nelle fasi acute della pandemia, perché spesso hanno diversi anni di vita davanti a sé grazie alle terapie innovative”.

Un notevole punto di forza, nonché motivo di orgoglio di questo studio sta nell’aver creato un network internazionale di oltre 200 centri in tutto il mondo nel giro di poche settimane, senza l’ausilio di nessun tipo di fondo economico” ha dichiarato Annalisa Trama, Ricercatrice della Struttura di Epidemiologia Valutativa presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano e coautrice del presente studio.

In effetti, soltanto uno sforzo globale – in considerazione della prevalenza dei malati di cancro tra i pazienti con SARS-CoV-2 – poteva essere in grado di fornire l’adeguato numero di casi finalizzato alla definizione di raccomandazioni per la pratica clinica.

È importante sottolineare che lo studio del registro TERAVOLT è l’unico ad includere esclusivamente pazienti con tumori toracici; questo consente di ridurre notevolmente i fattori confondenti derivanti dalla eterogeneità delle neoplasie.

I dati presentati con tale studio costituiscono una prima risposta ai numerosi interrogativi posti dalla pandemia riguardo all’impatto dell’infezione da coronavirus sul percorso terapeutico dei pazienti affetti da neoplasie toraciche.

Come si è detto, lo studio è tuttora in corso e vi sono stati inseriti i dati di diverse altre centinaia di pazienti, al fine di procedere ad una più approfondita analisi e delineare una più ampia casistica.

Concludiamo con le ispirate e coinvolgenti parole di Alessandro De Toma e Giuseppe Viscardi – Ricercatori presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – dedicate a questo importante lavoro cui anch’essi hanno validamente contribuito: “Nella tragedia umanitaria che ha rappresentato – e purtroppo rappresenta tuttora a livello globale e nel nostro Paese – l’infezione da Sars-Cov-2, lo studio del registro TERAVOLT ci ha permesso di lavorare a questa avventura scientifica. Siamo giovani e all’inizio della nostra carriera da ricercatori, per noi è stato stupefacente vedere come in pochi giorni la comunità scientifica, che cura le neoplasie toraciche, si sia unita in uno sforzo collettivo immenso usando tutte le risorse che poteva mettere a disposizione. Sarebbe meraviglioso che questo sforzo collettivo potesse continuare aldilà del Covid-19. Abbiamo infatti dimostrato come sia veloce la raccolta di tutti i dati e la condivisione immediata di questi, al fine di arrivare e definire una cura per i pazienti. Abbiamo imparato che la ricerca non ha confini né lingue, e che non esiste nulla che non si possa fare insieme, se lo si vuole. Oltre al Covid-19 ci ricorderemo per sempre questa corsa scientifica, e anche umana, che sarà di ispirazione per il futuro”.

Avv. Michele Ametrano

FONTE:


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