Un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Oncology ha presentato un modello di prevenzione per tutelare i pazienti ospedalizzati con tumore al polmone DaLL’INFEZIONE DA COVID-19
Tra le poche certezze che si hanno in merito alla Covid-19 – la sindrome respiratoria causata dall’infezione da coronavirus SARS-CoV-2 – vi è la consapevolezza che i polmoni (e l’apparato respiratorio tutto) sono gli organi maggiormente colpiti. Il virus accede alle cellule ospiti tramite l’enzima 2 (ACE2), un enzima di superficie che sta sulle membrane cellulari, il quale è più abbondante nelle cellule alveolari di tipo II dei polmoni.
L’infezione da SARS-CoV-2 è in grado di provocare grandi infiammazioni nell’apparato respiratorio, fino ad arrivare allo sviluppo di polmoniti letali. Pertanto, tenuto conto che la pericolosità del virus aumenta vertiginosamente nei casi di comorbilità, i pazienti con patologie polmonari pregresse e le persone fumatrici risultano essere i soggetti maggiormente a rischio. Tra questi, particolare attenzione meritano i pazienti con diagnosi di tumore al polmone, i quali presentano anche una maggiore probabilità di contrarre l’infezione.
Un editoriale pubblicato qualche giorno fa sulla rivista scientifica Annals of Oncology ha posto l’attenzione sul tema. “Un’architettura polmonare difettosa – si legge – dovuta all’ostruzione meccanica del tumore o a precedente chirurgia polmonare può predisporre all’infezione. I cambiamenti nell’anatomia delle vie respiratorie e del tessuto polmonare portano all’infiltrazione dei macrofagi. La presenza di infiltrazioni di macrofagi nel tessuto polmonare comporta un rischio più elevato di rilascio di citochine. Durante l’infezione da SARS-CoV-2, il rilascio massiccio di citochine è stato postulato come il principale passo verso lo sviluppo di ARDS (Sindrome da distress respiratorio acuto, ndr)“.
Sulla base di ciò è stato sollevato il problema della necessità di dotarsi di un protocollo che riduca al minimo il rischio di contagio per questi pazienti. “Considerando che i pazienti con carcinoma polmonare – continua – mostrano sintomi clinici simili tra cui tosse, febbre e dispnea con infezione da SARS-CoV-2 rispetto ad altri individui, un accurato modello di screening COVID-19 potrebbe consentire una diagnosi precoce e potenzialmente ridurre il rischio di gravi complicanze e mortalità“.
A tal riguardo, sulla rivista scientifica Frontiers in Oncology è stato pubblicato un articolo in cui viene presentato l’efficace modello di tutela per i pazienti in terapia per cancro polmonare applicato con ottimi risultati dall’Istituto Europeo di Oncologia (IEO). L’applicazione tempestiva delle linee guida internazionali e delle indicazioni regionali per la protezione dal virus ha infatti permesso di evitare il contagio nel 98% dei casi dei malati in cura all’interno dell’Istituto. Come spiega Filippo de Marinis – direttore del reparto di Oncologia Toracica dell’IEO – in un intervista al Corriere della Sera, il massiccio utilizzo di social media, telemedicina e triagetelefonico precedente all’accesso dei pazienti in ospedale ha avuto un ruolo determinante.
“Su 325 pazienti in trattamento in IEO al momento dello scoppio dell’emergenza virus – spiega de Marinis –, solo 6 sono risultati positivi fino ad oggi, tutti sono in vita e per nessuno di loro è stato necessario il ricorso alla terapia intensiva. Fin dai primi giorni dell’esordio del virus abbiamo messo a punto linee guida interne specifiche per quanto riguarda le terapie, (poi avvalorate ed ampliate dalle indicazioni delle società scientifiche) e abbiamo attivato specifici modelli organizzativi e logistici, in linea con le indicazioni regionali e nazionali che nel tempo si susseguivano. Abbiamo rinviato le terapie procrastinabili senza rischio eccessivo (circa il 40% del totale), rimandato visite e controlli ambulatoriali e, grazie a un accordo con ATS e sponsor privati, abbiamo fatto in modo che le terapie orali fossero ritirate sul territorio regionale o extraregionale, senza la necessità per il paziente di spostarsi e di accedere all’ospedale“.
“Parallelamente, – continua – abbiamo regolamentato l’accesso allo Ieo: triage telefonico il giorno prima dell’accesso, triage clinico con misura della febbre e della capacità respiratoria il giorno stesso, divieto di accesso a familiari e accompagnatori, obbligo della mascherina per pazienti ed esterni“.
Infine, oltre al grande supporto tecnologico, è rimasto di fondamentale importanza il rapporto medico-paziente. “I nostri pazienti – conclude – sono stati chiamati e richiamati ad uno ad uno. Non solo per il triage, ma anche per spiegare loro i rischi reali del contagio, i comportamenti da adottare a livello personale e familiare, e poi ancora per discutere con loro la gestione della malattia illustrando il perché degli eventuali rinvii protettivi, ricavandone sempre una percezione di collaborazione e di un vissuto di non abbandono“.
FONTI:
1) Passaro A., et al., Testing for COVID-19 in lung cancer patients, in Annals of Oncology, 04/2020. Link: https://www.annalsofoncology.org/article/S0923-7534(20)39293-0/pdf
2) de Marinis F., et al., Results of Multilevel Containment Measures to Better Protect Lung Cancer Patients From COVID-19: The IEO Model, in Frontiers in Oncology, 04/2020. Link: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fonc.2020.00665/full
EMERGENZA CORONAVIRUS
In merito all’emergenza coronavirus, la Fondazione Bartolo Longo III Millennio ha disposto un presidio informativo e di supporto per i pazienti oncologici impegnati in cicli di chemioterapia.
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