CANCRO E previdenza SOCIALE: LE PRESTAZIONI previdenziali EROGATE DALL’INPS IN FAVORE DEI MALATI ONCOLOGICI
Funzione di ogni forma di tutela previdenziale è quella di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3, comma 2 della Costituzione). D’altra parte, il lavoratore malato di cancro si trova in una situazione di bisogno economico, dovuta alla circostanza che risulta privato di quella retribuzione che costituisce l’unico mezzo di sostentamento per sé e per la propria famiglia (articolo 36 della Costituzione).
Il sistema previdenziale, finanziato dai contributi obbligatori prelevati dalle retribuzioni, eroga – esclusivamente in favore dei cittadini lavoratori (dipendenti, autonomi e parasubordinati), iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria (AGO) e che versino in stato di bisogno a causa di malattia (nel nostro caso, il tumore) – le prestazioni, per invalidità o sostegno del reddito, unitamente ad altri servizi.
In particolare, ai sensi della legge 222/1984 e di altre norme vigenti, ai cittadini lavoratori ammalati di cancro (o affetti da altre patologie o infermità) – se assicurati presso l’INPS – spettano, a seconda del tipo di infermità invalidante ad essi riconosciuta: l’assegno ordinario di invalidità (invalidità 67%-99%, compatibile con il lavoro), la pensione di inabilità (invalidità 100%, incompatibile con il lavoro) o l’assegno mensile per l’assistenza personale fissa e continuativa in favore dei pensionati di inabilità.
In base alla richiamata normativa, oggi viene considerato invalido il soggetto “la cui capacità in occupazioni confacenti alle sue attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di un difetto fisico o mentale a meno di un terzo” (articolo 1, comma 1 Legge 222/1984); invece, è considerato inabile colui il quale (a causa di infermità o difetto fisico o mentale) si trovi “nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa” (articolo 2, comma 1 legge 222/1984).
Alla descritta distinzione del grado di infermità (invalidità ed inabilità) corrisponde una differenziazione delle tutele riconosciute al lavoratore la cui capacità di lavoro sia stata pregiudicata dal cancro.
Il lavoratore che – a causa del cancro (o di altre menomazioni psichiche o fisiche) – abbia perduto la propria capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle proprie attitudini a meno di un terzo ha diritto all’assegno di invalidità. Ai fini del riconoscimento della tutela, non è rilevante che lo stato di malattia preesista all’inizio dell’attività lavorativa, purché sia successivamente intervenuto l’aggravamento della patologia o siano sorte nuove infermità.
In aggiunta al suddetto requisito sanitario, è necessario che il lavoratore malato di cancro (o affetto da altre patologie o menomazioni) abbia già maturato un’anzianità assicurativa pari almeno a cinque anni ed abbia versato almeno cinque anni di contributi (260 contributi settimanali), tre (ovvero 156 settimane) dei quali versati nel quinquennio precedente la richiesta dell’assegno.
La domanda deve essere presentata all’INPS esclusivamente in via telematica, allegando la certificazione medica (modello SS3).
Dai periodi di contribuzione validi ai fini della maturazione del requisito contributivo vanno scomputati: i periodi di malattia certificati da un ente mutualistico ospedaliero; quelli di iscrizione a forme di previdenza sostitutive, esonerative o esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria; ogni periodo resosi necessario per il recupero della contribuzione obbligatoria a suo tempo omessa; la contribuzione versata in Paesi non convenzionati con l’Italia.
L’assegno ordinario di invalidità non è reversibile ai superstiti. Al raggiungimento dell’età pensionabile e in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione, l’assegno si trasforma d’ufficio in pensione di vecchiaia. Ai fini del perfezionamento di tale requisito, valgono anche i periodi di lavoro prestato in corso di godimento dell’assegno. Contrariamente, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale (Cassazione Civile Sezione Lavoro e Previdenza 3 Marzo 2006 n. 4669), il verificarsi di uno stato di invalidità nel lavoratore che sia già titolare di una pensione di vecchiaia o di anzianità non comporta l’insorgenza del diritto a fruire dell’assegno di invalidità (o della pensione di inabilità, di cui si tratterà nel prosieguo).
L’assegno ordinario di invalidità è compatibile con lo svolgimento di un’attività lavorativa dipendente o autonoma. È incompatibile con l’indennità di mobilità e con i trattamenti di disoccupazione (a tal riguardo, all’atto della presentazione della domanda, è riconosciuta all’interessato la facoltà di scegliere – tra le diverse opzioni – il trattamento da lui considerato maggiormente vantaggioso).
L’assegno ordinario di invalidità viene erogato in favore del lavoratore malato di cancro dal mese successivo alla data di presentazione della domanda. Al momento del primo pagamento, l’INPS versa in unica soluzione tutte le mensilità arretrate e i relativi interessi maturati. Gli assegni successivi vengono corrisposti mensilmente per 13 mensilità. La corresponsione dell’assegno è riconosciuta per tre anni e – previa apposita domanda del beneficiario – può essere prorogato nel caso di comprovata permanenza della patologia tumorale (o di altra malattia o infermità). Al terzo rinnovo consecutivo, l’assegno di invalidità è confermato automaticamente senza necessità di alcuna domanda, diventando così definitivo; rimanendo comunque salva la facoltà dell’INPS di sottoporre, in qualsivoglia momento, il lavoratore ammalato ad un’eventuale revisione dello stato di invalidità. La revisione è obbligatoria in caso di percezione da parte del beneficiario, nel corso dell’anno, di un reddito a qualsiasi titolo superiore a tre volte il trattamento minimo erogato dall’INPS.
Nel caso in cui la domanda di assegno ordinario di invalidità sia stata respinta, l’interessato può presentare ricorso amministrativo presso il Comitato provinciale dell’INPS direttamente online (Circolare INPS del 10 Febbraio 2011 n. 32), entro 90 giorni dalla data di notifica del provvedimento di diniego, ovvero decorsi 120 giorni dalla data della presentazione della domanda senza che l’INPS si sia pronunciato (Articoli 46 e 47 Legge 88/1989). Il suddetto Comitato ha 90 giorni di tempo per pronunciarsi. Nel caso di parere sfavorevole o in caso di inutile decorso dei 90 giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo, si può ricorrere giudizialmente presso il Tribunale Civile (Sezione Lavoro e Previdenza) del luogo di residenza.
Dal 1 Gennaio 2012 la causa giudiziale vera e propria deve essere preceduta da un’istanza di “accertamento tecnico preventivo” (Articoli 445-bis e 696-bis Codice di Procedura Civile) che deve essere presentata al Tribunale Civile (Sezione Lavoro e Previdenza) del luogo di residenza. L’accertamento tecnico preventivo costituisce una fase preliminare del giudizio ed è finalizzato alla verifica delle condizioni sanitarie dell’interessato. Il giudice nomina un consulente tecnico medico legale, che può essere affiancato da medici legali nominati dall’INPS e dall’interessato. Il medico legale nominato dal giudice, all’esito della disamina della documentazione sanitaria e dell’eventuale verifica diretta delle condizioni mediche dell’interessato, deposita una propria relazione. Nel caso di parere favorevole e in mancanza di contestazioni delle parti in causa, l’INPS deve procedere al pagamento delle prestazioni dovute entro 120 giorni dalla notifica del provvedimento emanato dal giudice; in caso contrario, il ricorso giudiziale deve essere presentato in Tribunale entro 30 giorni dal deposito delle contestazioni (articolo 445-bis Codice di Procedura Civile).
Il ricorso giudiziale al Tribunale Civile – Sezione Lavoro e Previdenza deve essere presentato entro e non oltre il termine decadenziale di tre anni (Articolo 4 Decreto Legislativo 384/1992 convertito in legge con modificazioni dalla Legge 438/1992) decorrenti dalla comunicazione del diniego o dalla data di scadenza del termine (90 giorni) entro cui il Comitato Provinciale dell’INPS avrebbe dovuto emettere una decisione.
In base alle Leggi 222/1984 e 335/1995, al lavoratore dipendente, autonomo o parasubordinato che abbia contratto il cancro (o altra malattia o infermità) deve essere riconosciuta la pensione di inabilità, in presenza dell’accertata perdita totale di qualsiasi attitudine lavorativa e in concorso con il possesso di un’anzianità assicurativa pari ad almeno 5 anni ed al versamento di almeno 5 anni di contributi (260 contributi settimanali), tre (156 settimane) dei quali accreditati nel quinquennio immediatamente precedente la richiesta di pensionamento.
Anche in tal caso, la domanda deve essere presentata all’INPS esclusivamente in via telematica, allegando la certificazione medica modello SS3.
La pensione di inabilità è reversibile ai superstiti ed è cumulabile con la rendita da infortunio sul lavoro erogata dall’INAIL soltanto per la quota di trattamento eventualmente eccedente. Il trattamento di inabilità non è invece cumulabile con nessuna altra provvidenza.
La pensione di inabilità decorre dal mese successivo a quello di presentazione della domanda, se quest’ultima è stata presentata dopo la cessazione dell’attività lavorativa. Invece, la pensione decorre dal mese successivo a quello della cessazione dell’attività lavorativa o dalla data di cancellazione dagli elenchi speciali dei lavoratori autonomi, se la domanda è stata presentata durante il periodo lavorativo.
Al momento del primo pagamento, l’INPS corrisponde al beneficiario in unica soluzione tutte le mensilità arretrate e i relativi interessi maturati, mentre i successivi assegni vengono versati mensilmente per 13 mensilità.
Nel caso in cui la domanda di riconoscimento della pensione di inabilità sia stata respinta, sono previste le medesime modalità per la presentazione del ricorso in via amministrativa o giudiziale già illustrate per l’ipotesi di mancata concessione dell’assegno ordinario di invalidità.
Il cittadino malato di cancro (o affetto da altre patologie o infermità), titolare di pensione di inabilità e che si trovi nell’impossibilità di camminare o non sia in grado di compiere gli atti quotidiani (alimentazione, cura dell’igiene, vestizione) senza il permanente ausilio di un soggetto a ciò dedicato, ha diritto all’assegno per l’assistenza personale fissa e continuativa. La relativa domanda – da presentarsi esclusivamente in via telematica all’INPS – può essere anche congiunta a quella per il riconoscimento della pensione di inabilità.
L’assegno di assistenza viene erogato dall’INPS a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data della presentazione della domanda o dal primo giorno del mese successivo alla data del perfezionamento dei requisiti.
L’assegno non è reversibile ai superstiti, non è cumulabile con l’assegno riconosciuto mensilmente dall’INAIL per la medesima causa e non può essere fruito in caso di ricovero in istituti di assistenza a carico della Pubblica Amministrazione e viene ridotto fino a concorrenza in caso di godimento di prestazioni di medesima natura erogate da altre forme di previdenza obbligatoria e di assistenza sociale.
La corresponsione dell’assegno di assistenza cessa alla morte del titolare della pensione di inabilità.
Quanto alle modalità per la presentazione dell’eventuale ricorso, in via amministrativa o giudiziale, ci si riporta a quanto detto per le altre due prestazioni previdenziali (assegno ordinario di invalidità e pensione di inabilità).
A conclusione della presente trattazione, è opportuno chiarire che nel caso in cui il cittadino lavoratore malato di cancro (o affetto da altre patologie o infermità) risulti iscritto a gestioni previdenziali differenti dall’INPS, i requisiti e l’iter procedurale per ottenere prestazioni similari possono variare parzialmente in base alle specifiche normative previste per i rispettivi enti e casse di previdenza.
Avv. Michele Ametrano
(Foto ItaliaOggi.it)
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