Nel nostro ordinamento è previsto un principio di civiltà giuridica posto a protezione dei lavoratori ammalati di cancro e di altre gravi patologie
Nel nostro ordinamento, il diritto al lavoro è riconosciuto a tutti i cittadini (Articolo 4, comma 1 della Costituzione) e, allo scopo di renderlo effettivo ed operante, la Repubblica Italiana promuove tutte le opportune condizioni, rimuovendo anche gli ostacoli che impediscano l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini, in quanto lavoratori, all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (Articolo 3, comma 2 della Costituzione).
Secondo tale prospettiva, la nostra disciplina del diritto del lavoro – caratterizzatasi, sin dagli inizi, come complesso di norme indirizzate alla protezione dei lavoratori – si è progressivamente sviluppata in conformità dell’esigenza di mediare le contrapposte istanze della produzione con quelle di effettiva eguaglianza, libertà e dignità di ogni lavoratore.
Allorquando una persona si trovi a vivere la drammatica esperienza della malattia tumorale, la sua dignità di cittadino e di lavoratore è ancor più meritevole di protezione. È noto che ogni patologia oncologica comporta controlli ed esami continui, nonché terapie debilitanti a carico della persona coinvolta, con inevitabili ricadute nello svolgimento della sua attività lavorativa.
In molti casi – laddove non siano sufficienti ad ovviare alle ripetute assenze dal lavoro i ricorsi alle ore giornaliere o ai giorni mensili per i permessi lavorativi retribuiti, o ai periodi di congedo dal lavoro previsti da altre leggi vigenti, o ai giorni di assenza concessi per la sottoposizione alle terapie salvavita (come la chemioterapia) previsti da alcuni contratti collettivi nel settore del pubblico impiego, nonché a talune forme di lavoro a distanza (tele-lavoro) – il licenziamento o le dimissioni costituiscono un inevitabile e sconfortante esito, proprio a causa dell’impossibilità a svolgere regolarmente e continuativamente le mansioni lavorative.
In questa sede, si vuol porre attenzione sul Decreto Legislativo 81/2015 il quale, confermando disposizioni contenute in precedenti norme (Decreti Legislativi 61/2000 e 276/2003, Legge 247/2007), attua nel concreto un principio di civiltà giuridica a protezione dei lavoratori ammalati di cancro e di altre gravi patologie.
In particolare, la richiamata norma tutela i lavoratori del settore pubblico e del settore privato, affetti da patologie oncologiche o da gravi patologie cronico-degenerative (come il Morbo di Parkinson, l’Alzheimer, la sclerosi multipla) “ingravescenti” (quelle destinate ad aggravarsi progressivamente e gradualmente nel corso del tempo, e per le quali è praticamente impossibile un miglioramento), per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti delle terapie salvavita (nel caso dei malati di tumore, la chemioterapia), riconoscendo loro il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno (full-time) in lavoro a tempo parziale (part-time) (Articolo 8, comma 3 del Decreto Legislativo 81/2015).
I malati di tumore che (pur gravati dalla sofferenza cagionata dalla malattia e dalle terapie) siano e si sentano in grado di seguitare a prestare – almeno parzialmente – la propria attività lavorativa, hanno il diritto, previo accertamento della propria patologia da parte della Commissione medica della ASL competente, di chiedere ed ottenere dal proprio datore la suddetta trasformazione del rapporto lavorativo; ciò, con riduzione proporzionale dello stipendio e con il diritto a conservare il posto di lavoro, per il tempo necessario a conseguire l’eventuale miglioramento delle condizioni di salute, tale da consentirgli il ritorno all’originario orario lavorativo.
Dunque, con questa norma – finalizzata alla tutela della salute e, nel contempo, della professionalità e della partecipazione alla vita lavorativa quale mezzo di integrazione sociale e di permanenza nella vita attiva – si riconosce al lavoratore gravemente malato un vero e proprio diritto soggettivo, il cui esercizio non può essere negato dal datore di lavoro per confliggenti esigenze organizzative, tecniche e produttive dell’azienda. A quest’ultimo è riconosciuta soltanto la facoltà di decidere in merito alla quantificazione della riduzione oraria; tale decisione va assunta tenendo – comunque e sempre – nella dovuta considerazione le prevalenti esigenze del lavoratore di assentarsi per sottoporsi ai controlli medici e alle terapie salvavita (come la chemioterapia).
Al lavoratore malato di tumore, a seguito della trasformazione del suo rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, è riconosciuto il diritto di precedenza nelle eventuali assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento di mansioni analoghe o di pari livello e categorie legali rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale (articolo 8, comma 6 del Decreto Legislativo 81/2015).
A richiesta del lavoratore – la cui patologia oncologica sia stata curata con esito favorevole – il rapporto di lavoro a tempo parziale deve essere trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno, con conseguente ripristino del pieno stipendio (Articolo 8, comma 3 del Decreto Legislativo 81/2015).
Invece, ove le condizioni di salute del lavoratore siano peggiorate, e questi non possa essere più adibito alle medesime mansioni (nemmeno con orario ridotto), il datore di lavoro è obbligato a individuare una diversa collocazione in azienda anche con mansioni inferiori. Soltanto nel caso in cui venga constatata l’obiettiva impossibilità ad adibirlo a qualsivoglia mansione, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore, il quale potrà comunque beneficiare del collocamento obbligatorio e della precedenza nelle assunzioni per la sua invalidità.
Un’altra importante disposizione riconosce ai lavoratori o alle lavoratrici, che si trovino nella necessità di prendersi personalmente cura di un proprio convivente congiunto (coniuge, figli o genitori) affetto da patologia oncologica o cronico-degenerativa ingravescente, con totale e permanente inabilità lavorativa, con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992 e con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, la priorità (rispetto agli altri lavoratori dipendenti) della trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (Articolo 8, comma 4 del Decreto Legislativo 81/2015).
Avv. Michele Ametrano
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