Dall’aumento degli screening all’identificazione precoce di pazienti ad alto rischio, l’Intelligenza Artificiale (IA) sta offrendo un contributo fondamentale nella lotta contro il cancro al seno
Ogni ottobre negli ultimi quattro decenni, il mese della sensibilizzazione sul cancro al seno ha contribuito ad aumentare visibilità e sensibilità nei confronti della neoplasia più diffusa sulla Terra, che ogni anno uccide circa 750 mila donne in tutto il mondo. Nonostante la presenza di casi registrati a partire dall’antico Egitto, il tumore al seno ha faticato fino alla seconda metà del secolo scorso ad imporsi al centro del dibattito scientifico-accademico rispetto ad altre tipologie maggiormente prese in considerazione come il tumore al polmone.
Thomas Clozel, ricercatore clinico ed esperto di biotecnologia, racconta su TechCrunch di come per la maggior parte del ‘900, per esempio, a una donna a cui fosse diagnosticato un cancro al seno sarebbe stata offerta la radioterapia e/o la chirurgia – spesso interventi chirurgici radicali, che la lasciavano sfigurata a fronte di scarsi benefici – mentre, al contrario, i protocolli di trattamento relativi ad altri tumori progredivano in maniera costant.
I dati sulla mortalità per cancro al seno, infatti, sono rimasti pressoché stabili dagli anni ’30 agli anni ’70, fino a quando uno sforzo concertato da parte di gruppi femministi e di rivendicazione dei diritti delle donne ha posto lo studio e il trattamento del tumore al seno al centro del dibattito scientifico, portandolo alla giusta posizione prioritaria in ospedali e istituti di ricerca, in genere allora fortemente dominati dagli uomini. I protocolli di trattamento sono stati trasformati nell’arco di una generazione, con risultati straordinari in termini di efficacia delle cure. Ancora negli anni ’70, una donna a cui veniva diagnosticato un cancro al seno aveva circa il 40% di possibilità di sopravvivere per i successivi 10 anni. Oggi questa probabilità è quasi raddoppiata – in Italia la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi raggiunge addirittura l’87% – grazie a nuovi farmaci, metodi di screening all’avanguardia e interventi chirurgici più efficaci e meno invasivi.
Fondamentale per questa trasformazione, oltre all’evoluzione tecnologica, è stata sicuramente l’enfasi posta sulla diagnosi precoce: prima viene individuato il tumore al seno, infatti, più è alta la probabilità di buona riuscita dei trattamenti. E in questo, l’intelligenza artificiale (IA) sta giocando un ruolo sempre più critico: quest’anno, il National Health Service (NHS) britannico – omologo del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SNN) – ha annunciato la realizzazione di uno studio incentrato sulle modalità con cui l’utilizzo dell’IA potrebbe aumentare il numero di screening del cancro al seno. Sebbene destinato a supportare (e non a sostituire) i medici umani, l’utilizzo aiuterebbe comunque a mitigare la carenza di tecnici di radiologia, esigenza dalla quale nasce la spinta per questo studio. In UK, infatti, ne sarebbero necessari altri 2.000 per sopperire agli screening arretrati, rimandati o saltati a causa dalla pandemia.
Molte startup che operano in ambito diagnostico e sanitario utilizzano già l’intelligenza artificiale per affrontare questa carenza. La britannica Kheiron Medical Technologies, tra le altre, prevede di utilizzare l’IA per lo screening di mezzo milione di donne già nel 2022. La Blue Box, spagnola, sta sviluppando un dispositivo in grado di rilevare il tumore al seno da campioni di urina. L’indiana Niramai, invece, sta lavorando a uno strumento a basso costo che potrebbe aiutare un gran numero di donne nelle aree rurali e semi-urbane.
Oltre alla diagnosi precoce, altrettanto cruciale per migliorare i risultati diagnostico-terapeutici è l’identificazione di pazienti ad alto rischio di recidiva. Infatti, circa una donna su 10 malata di cancro al seno va incontro ad una ricaduta dopo il trattamento iniziale, evento che diminuisce le probabilità di sopravvivenza a 5 e 10 anni. Questa identificazione precoce è stata storicamente molto difficile, ma anche in questo caso gli ultimi sviluppi sull’applicazione dell’intelligenza artificiale in campo clinico-sanitario fanno ben sperare. Un team internazionale operante nell’ospedale oncologico francese Gustave Roussy, per esempio, ha sviluppato uno strumento in grado di individuare 8 pazienti su 10 ad alto rischio di recidiva. L’IA aiuta a fornire ai pazienti il trattamento di cui hanno bisogno in anticipo, risparmiando anche ai pazienti a basso rischio un’eccessiva frequenza di controlli. Nel frattempo, le aziende farmaceutiche possono accelerare le ricerche sui farmaci per il cancro al seno potendo reclutare più rapidamente pazienti ad alto rischio.
La privacy dei dati dei pazienti, tuttavia, può rappresentare un comprensibile ostacolo alla rapidità della ricerca. Gli ospedali sono infatti molto cauti nell’inviare i dati fuori sede e nessuna azienda farmaceutica desidera condividere dati preziosi con i concorrenti. Ma l’intelligenza artificiale sta aiutando a risolvere anche questi problemi, consentendo lo sviluppo più rapido, sicuro ed economico di nuovi trattamenti. L’apprendimento federato, per esempio, è una nuova forma di intelligenza artificiale basata sul machine learning che si “auto-addestra” sui dati provenienti da più istituzioni senza che questi, però, lascino gli ospedali; già ora viene utilizzato in tutta Europa per dare ai ricercatori l’accesso a dati essenziali ma in precedenza inaccessibili.
Secondo Clozel – cofondatore, tra l’altro, della piattaforma Owkin che supporta gli istituti di ricerca clinica nell’utilizzo di strumenti di IA – arriveremo ad usare l’intelligenza artificiale anche per approfondire la comprensione del perché le forme più aggressive di cancro al seno sono resistenti a determinati farmaci, aiutando a svilupparne di nuovi, su misura, in grado di discriminare tra cellule sane e tumorali meglio della chemioterapia.
Sebbene l’influenza dell’IA sia in aumento e il suo ruolo stia acquisendo sempre più rilevanza in campo sanitario, ancora più importante per migliorare i risultati è “proteggere” il caposaldo che l’assistenza sanitaria resta un’impresa fondamentalmente umana. Nessun algoritmo potrebbe mai confortare un paziente nei suoi momenti più bui, e nessuna macchina potrebbe mai infondere e ispirare la resilienza di cui ogni paziente ha bisogno per condurre la propria battaglia e sconfiggere la propria malattia.
“Io e tutti gli altri medici – conclude Clozel – sappiamo che curare la malattia significa comprendere il paziente tanto quanto comprendere la sua afflizione. L’empatia del clinico è correlata a una maggiore soddisfazione del paziente e a un minore disagio, motivando un paziente a continuare un difficile ciclo di trattamento. Per fortuna, la tecnologia AI che sta aiutando sempre più il trattamento del cancro al seno è progettata per aumentare e potenziare i medici. È possibile che tra qualche decennio non avremo più bisogno di un mese di sensibilizzazione sul cancro al seno”.
FONTI:
- Clozel T., How AI is helping to make breast cancer history, TecCrunch, 17 ottobre 2021;
- Praneeth Vepakomma, Otkrist Gupta e Tristan Swedish, Split learning for health: Distributed deep learning without sharing raw patient data, in ArXiv, 3 dicembre 2018.
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