Un possibile “punto di svolta” per i pazienti con cancro esofageo

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Un farmaco che “scatena” il sistema immunitario offre un barlume di speranza per la lotta al cancro dell’esofago, una delle neoplasie più resistenti alla maggior parte dei trattamenti

Per decenni, il cancro esofageo ha sfidato i tentativi scientifici di scoprire una terapia che estendesse la sopravvivenza dei pazienti. Si tratta infatti di un tumore molto aggressivo, resistente alla maggior parte dei trattamenti e con un livello di mortalità molto elevato: stando ai dati di AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori) e AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) pubblicati nel report I numeri del cancro 2020, la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è del 12% per i maschi e del 17% per le femmine.

Ora, però, un ampio studio clinico – che ha coinvolto volontari sparsi in 29 paesi in tutto il mondo – pubblicato sul New England Journal of Medicine offre un flebile barlume di speranza. È stato scoperto, infatti, che il Nivolumab, un farmaco che “scatena” il sistema immunitario per attaccare le cellule tumorali, può raddoppiare i tempi di sopravvivenza.

“È un punto di svolta, abbiamo aspettato molto tempo per questo”, ha affermato il dott. David Ilson, medico oncologo presso il Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, specializzato nei tumori gastrointestinali, autore di un editoriale che ha accompagnato la pubblicazione della ricerca.

Nello studio, sponsorizzato da Bristol-Myers Squibb, sono stati coinvolti in totale794 pazienti: una parte di essi è stata assegnata, in modo casuale, a ricevere infusioni di Nivolumab; agli altri è stato dato un placebo. In precedenza, erano stati tutti sottoposti a chemioterapia e radioterapia, seguite da un intervento chirurgico per rimuovere i loro tumori. Come di solito accade, i referti patologici avevano però mostrato che l’intervento non aveva rimosso tutte le cellule tumorali, ancora in agguato nei linfonodi e altrove, e che dunque sussistevano le basi in questi pazienti per una recidiva con metastasi incurabili.

Al termine della ricerca è emerso che la sopravvivenza media dei pazienti trattati con Nivolumab era di 22 mesi rispetto agli 11 mesi di media del gruppo di pazienti trattati con placebo.

Il Nivolumab è attualmente approvato per il trattamento clinico di alcuni pazienti con altri tumori, come il linfoma di Hodgkin, il melanoma e il cancro del colon-retto, ma stando a questi primi risultati incoraggianti gli esperti prevedono che il farmaco otterrà prontamente l’approvazione per il trattamento del cancro esofageo in fase iniziale.

Il dottor Ronan J. Kelly, direttore del Charles A. Sammons Cancer Center presso il Baylor University Medical Center e autore principale della ricerca, ha affermato che lui e gli altri ricercatori avevano l’obiettivo di  aiutare “con urgenza” il 75% dei pazienti che tutt’ora attraversano sequenze di radiazioni straordinariamente invasive, chemioterapie e interventi chirurgici che deturpano l’apparato digerente, solo per scoprire che il cancro è ancora presente o che comunque ha un’alta probabilità di recidiva.

Senza qualche altra forma di trattamento, “sapevamo che molti tumori si sarebbero ripresentati rapidamente”, ha dichiarato Kelly. La chemioterapia aggiuntiva non solo era difficile da tollerare per i pazienti, ma non sembrava nemmeno essere di particolare aiuto alla definitiva remissione. Il Nivolumab, invece, ha pochi effetti collaterali e sembrava valere la pena provare.

A dispetto dell’andamento mondiale (è globalmente l’ottavo tumore più diffuso e il sesto per livello di mortalità), il cancro esofageo è invece abbastanza raro negli Stati Uniti, dove rappresenta l’1% di tutte le neoplasie diagnosticate. Sono, però, circa 15.000 i pazienti che muoiono ogni anno. La neoplasia si osserva frequentemente nell’Asia orientale, anche se non è ancora chiaro il motivo, come affermato da Ilson.

Il fumo è sicuramente un fattore di rischio, ma i ricercatori non pensano che gli alti tassi di fumo in Cina, ad esempio, ne spieghino l’elevata incidenza. Altri fattori di rischio includono il consumo di alcol e la malattia da reflusso acido.

Cancro all’esofago: la scarsità delle ricerche

Proprio per la sua rarità negli Stati Uniti, il cancro esofageo non ha ricevuto molta attenzione da parte della ricerca statunitense. Mentre i nuovi trattamenti hanno rivoluzionato le prospettive per altri malati di cancro, quelli con tumore all’esofago potevano solo ammirare i progressi altrui.

“Ciò ha pesato molto sui malati”, ha affermato Mindy Mordecai, fondatrice del gruppo di difesa Esofageal Cancer Action Network. Suo marito, John, è morto di cancro esofageo nel marzo del 2008. “Non puoi nemmeno immaginare – ha commentato – quanto sia demoralizzante vedere i progressi di tutti intorno a te, mentre tu e la tua malattia venite messi in secondo piano”.

Le nuove scoperte, fanno sapere gli esperti, devono essere viste nel contesto di ciò che i pazienti affrontano quando sviluppano il cancro esofageo. La maggior parte di loro scopre di avere il cancro dopo che questo è progredito fino a un punto in cui la sopravvivenza diventa improbabile. Ma ogni paziente spera di essere tra i pochi fortunati. “I nostri pazienti aspettano sempre che cada l’altra scarpa”, ha detto Mordecai.

Il primo passo per la maggior parte di loro è la chemioterapia e le radiazioni. Il trattamento è così duro che “metterebbe in ginocchio i Navy Seals (le forze speciali dell’esercito americano, ndr), dice un’infermiera di oncologia che collabora con Mordecai. La chemioterapia ha effetti collaterali difficili da sopportare e le radiazioni, tra l’altro, provocano una sensazione di bruciore che rende difficile la deglutizione.

Il passo successivo consiste, in genere, in un ampio intervento chirurgico. Un medico estrae la maggior parte dell’esofago del paziente, il tratto che porta dalla bocca allo stomaco, quindi afferra lo stomaco e lo tira su, attaccandolo a un moncone di esofago lasciato intatto. Il risultato è uno stomaco che è verticale e che manca del muscolo sfintere che normalmente impedisce all’acido gastrico di fuoriuscire. Per il resto della loro vita, i pazienti non possono mai stare sdraiati: se lo fanno, il contenuto del loro stomaco, compreso l’acido, si riversa nelle loro gole, causando tosse, aspirazione e, addirittura, soffocamento.

“Il recupero è difficile, morbilità e mortalità sono elevate. Ma la maggior parte dei pazienti esegue l’operazione una volta valutate tutte le opzioni. Rifiutare il trattamento significa arrendersi e lasciare che il cancro chiuda l’esofago al punto che alcuni non riescono nemmeno a ingoiare la propria saliva”, ha detto il dottor Paul Helft, professore di chirurgia ed etica clinica alla Scuola di Medicina dell’Università dell’Indiana.

Il trattamento è così lungo e straziante che Helft lo usa spesso per insegnare agli studenti di medicina e ad altri tirocinanti il ​​consenso informato (come i pazienti devono essere pienamente informati prima di iniziare qualsiasi trattamento). Ai malati di cancro esofageo, in particolare, deve essere detto che è probabile che abbiano una recidiva entro il primo anno.

Mordecai, per esempio, ha raccontato al New York Times che suo marito è stato operato alla fine di settembre 2007. Entro il 6 dicembre, presentava già metastasi non curabili nel fegato. Ora, ha detto, i pazienti possono avere un barlume di speranza.

Ilson, che ha trascorso la sua carriera cercando di sviluppare terapie per aiutare i pazienti con cancro all’esofago, ha affermato che non si aspettava che questo trattamento avesse successo, ma ora è fiducioso: “Diventiamo tutti nichilisti di fronte ad anni di studi negativi. Questo studio, però , può diventare un vero riferimento e il Nivolumab diventerà un nuovo standard di cura, ne sono certo”.

FONTI:


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