Stando ai risultati di uno studio condotto da un team di ricerca dell’IEO di Milano, alcune cellule immunitarie potrebbero sopravvivere nell’ambiente tumorale se il loro metabolismo viene modificato
Il tumore del pancreas è una delle neoplasie più temibili. Ancora oggi, il tasso di sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi è solamente dell’8% ed è attualmente la terza causa di morte per cancro. Si tratta di un organo molto delicato, una ghiandola situata nell’addome, tra lo stomaco e la colonna vertebrale, di circa 15 centimetri di lunghezza, divisa in tre parti: testa (destra), corpo (centrale) e coda (sinistra). Tra queste, è la testa la regione più colpita dalle forme tumorali che lo interessano, originate per il 95% dal “pancreas esocrino”, la parte dell’organo che produce i succhi pancreatici. La parte che produce gli ormoni (insulina, glucagone, amilina e somatostatina), definita “endocrina”, dà origine, invece, al 5% delle neoplasie.
Nonostante il percorso di ricerca terapeutica sia molto complesso, da uno studio dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) pubblicato sul Journal of Experimental Medicine arrivano notizie incoraggianti. La ricerca in questione – condotta dai gruppi che fanno capo a Teresa Manzo e Luigi Nezi del Dipartimento di Oncologia sperimentale dell’IEO – suggerisce la strada dell’immunoterapia: sembra, infatti, che tramite la modifica del metabolismo delle cellule immunitarie si possa rendere efficace l’immunoterapia anche contro il tumore del pancreas, per la cura del quale ha, fino ad ora, avuto risultati limitati.
L’immunoterapia ha rivoluzionato la cura del cancro e si basa sul concetto di combattere i tumori “armando” il sistema immunitario del paziente (i linfociti t) in maniera tale da portarli a riconoscere le cellule tumorali e annientarle. I risultati migliori, in termini di rallentamento della progressione, si ottengono quando le cellule T specifiche per un certo tumore riescono a infiltrarlo e ad attivarsi in modo persistente. Tuttavia, come già accennato, per il carcinoma del pancreas il successo dell’immunoterapia è stato, fino ad oggi, molto limitato.
I due principali firmatari dello studio hanno rilasciato un’intervista a La Repubblica dove hanno parlato del percorso di ricerca e delle basi da cui ha preso origine. Sembra, infatti, esistere una correlazione tra il tasso di sopravvivenza e l’infiltrazione di cellule T CD8+ nel tumore e approfondire la conoscenza del meccanismo che regola le funzioni e la persistenza di queste cellule una volta infiltrate nel tumore ha rappresentato la svolta.
“Sappiamo che le cellule CD8+T – spiega la Dott.ssa Manzo – possono attivarsi contro il tumore, ma non sappiamo perché non lo facciano in modo efficace. Ci mancano informazioni su come si comportano all’interno del microambiente tumorale, e in particolare perché entrano in uno di stato di ‘esaurimento’, cioè diventano meno attive e più deboli, e quindi falliscono nel fermare la crescita tumorale. Ciò che sappiano è che la disponibilità di nutrienti nel microambiente e lo stato metabolico cellulare determinano in gran parte il destino delle CD8+T. Per questo abbiamo pensato di studiare, sia in modelli preclinici che nei tumori pancreatici dell’uomo, l’interazione fra microambiente e CD8+T”.
“Abbiamo dimostrato – prosegue – che la progressione tumorale crea nel microambiente pancreatico scarsità di glucosio, al quale si accompagna un progressivo arricchimento di lipidi, una combinazione che il metabolismo proprio di queste cellule non riesce a trasformare nell’energia necessaria per funzionare e per vivere. Dunque, per ripristinare la loro capacità di risposta anticancro, le CD8+T devono sviluppare la flessibilità metabolica necessaria per adattarsi alla disponibilità di nutrienti del microambiente”.
“I nostri dati – aggiunge il Dott. Nezi – suggeriscono che la riprogrammazione metabolica delle CD8+T può essere la strategia giusta per aumentare la loro sopravvivenza, mantenere la loro funzione di cellule anticancro e, di conseguenza, rappresentare un possibile approccio per migliorare l’efficacia clinica dell’immunoterapia, in abbinamento con l’attivazione del sistema immunitario attraverso l’inibizione del checkpoint immunitario, per esempio. In laboratorio siamo riusciti a migliorare la sopravvivenza delle CD8+T modificando geneticamente l’espressione di ACADVL, un enzima che agisce sugli acidi grassi a catena lunga. Al momento stiamo lavorando per dimostrare se questo intervento sul metabolismo sia in grado di impedire effettivamente la progressione del tumore quando viene combinato all’inibizione del checkpoint immunitario”. “Resta anche da capire – conclude la Dott.ssa Manzo – perché queste cellule immunitarie, a differenza di altre presenti nel microambiente del tumore pancreatico, non hanno la flessibilità metabolica per sopravvivere in condizioni di aumentati lipidi. Tuttavia il nostro studio conferma che l’interazione con il microambiente e i suoi effetti sul metabolismo delle cellule immunitarie possono rappresentare nuovi target per lo sviluppo di strategie più efficaci contro tumori molto aggressivi, quali il tumore al pancreas”.
FONTI:
- Manzo T., Nezi L., et al., Accumulation of long-chain fatty acids in the tumor microenvironment drives dysfunction in intrapancreatic CD8+ T cells, in Journal of Experimental Medicine, 2020, Vol. 217, No. 8. Link: https://rupress.org/jem/article/217/8/e20191920/151833/Accumulation-of-long-chain-fatty-acids-in-the
- Marta Musso, Tumore del pancreas, l’immunoterapia può funzionare, La Repubblica.
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